ANGOSCIA

LETTURE

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ANGOSCIA 

                                                                                                                                                                                                                                                     

Stava per scrivere gelosamente alcuni appunti nel diario, quando una freccia di sole passata inosservata tra i battenti socchiusi della finestra, andava a infrangersi sopra la scrivania, lasciando il piano vetroso proiettare un raggio di luce verso la penna, la quale, guidata dalla mano rapida e sicura sembrava dipingere l’immagine del suo pensiero.

Aggravato da una mole di lavoro, il dott. Ruggeri, non ammirava i primi segni di primavera che stavano per impreziosire il suo giardino, ma stava chiuso nel suo studio a valutare accertamenti di alcuni suoi pazienti. Come medico chirurgo, si era promesso di dedicarsi come in una missione umanitaria, di curare i malati dalle loro sofferenze, poiché curando gli altri, avrebbe migliorato se stesso. Ragione per cui, in quel momento non avvertiva lo svegliarsi della natura, il canto degli uccelli o il profumo dei fiori, poi tutto il suo essere era invaso dalla volontà di debellare il male. Un giorno lo incontrai all’ospedale mentre si allontanava dal suo ambulatorio, con un volto sommesso quasi impietrito. Ciò mi angosciò, alquanto che decisi di avvicinarmi e chiedergli come fosse lo stato della sua salute. I suoi occhi erano languidi, come se fossero stati afflitti da cattiva notizia, così gli chiesi il motivo della sua afflizione.

Egli, come se fosse distratto dal suo stato passivo, mise insieme alcune parole, dicendo: ”Oggi ho perso una paziente”. Non capii il significato e senza riflettere gli risposi di non preoccuparsi, poiché se una è andata, certamente un’altra ne sarebbe venuta, ma la risposta del medico non si riferì a quella della perdita di una paziente dal suo ambulatorio, ma di quella che le era morta sotto i ferri poiché lei non aveva resistito all’operazione. Quella risposta, come un tonfo, cadde sul mio essere da farmi venire la pelle d’oca essendo stato coinvolto, in uno strano stato d’animo che non seppi trovar risposta né soluzione. Fummo, invasi da un’atmosfera depressa e malinconica, che senza far troppi discorsi silenziosamente abbassammo il capo e ci riponemmo in un momento di riflessione.

Come può il Signore permettere queste cose? Egli interruppe. Non lo so, io risposi ammaliato. Mi ricordai, però, tra i dubbi e i misteri della vita, le famose parole del vangelo San. Giovanni 9:13, in cui i discepoli avevano chiesto a Gesù il perché quell’uomo fosse cieco. Era perché lui aveva peccato o suo padre o sua madre, forse lo furono? Gesù rispose che né lui né suo padre né sua madre avevano peccato, ma che ciò è avvenuto affinché le opere di Dio siano manifeste. Quando ci troviamo nella disperazione e avvertiamo l’isolamento o i sentori della morte, allora ci ricordiamo che vi è un Dio, potente e generoso.

Discutendo sulle cause di quel male incurabile e i modi di poterlo prevenire, così presero corpo nella nostra confusa visione ipotesi senza sbocco e obiettivi inidonei di una soluzione, mentre una sorta di preoccupazione crebbe nel nostro cuore, anche se in quel momento ci sentivamo immuni. Dopo che ci siamo salutati, seppi che il dottor Ruggero andò a casa ad approfondire lo studio sugli aggiornamenti della scienza intorno a quel male. La sua ricerca, si avvalse di tutti i seminari in cui era stato, ma non trovò risposta, ciò gli accrebbe il sospetto se potesse essere anche lui effetto da quel male. Andò allo specchio a guardarsi attentamente il volto ma nulla trovò di strano, tuttavia, con la speranza di allontanare ogni ombra di dubbio, decise di ritornare all’ospedale a fare un accertamento su se stesso. Dopo diversi mesi mentre m’introducevo nei corridoi dell’ospedale, essendo gli ammalati così numerosi, ebbi una sensazione strana, mi sembrò di trovarmi in un altro mondo. Poi uno strano stridore di una lettiga spinta da due infermieri e seguita da parenti, capì la gravità del momento e pensai a quel discorso fatto con il dott. Ruggeri. Quel quadro esprimeva l’affetto di quei cari che dopo l’operazione riuscita al loro parente, mostravano nei loro volti una gioia contenuta, ma pur sempre con certo timore. Fu qui che intravidi il mio amico dottore che discuteva, con interesse,  con alcuni dei suoi colleghi, lo salutai e lui compiaciuto, mi rispose, facendomi cenno di aspettarlo nel corridoio. Dopo qualche minuto, allontanatosi dai suoi colleghi, si diresse verso di me e dopo che ci salutati con affetto, tra una parola e l’altra, si accostò alla parete, dopo presa nella tasca una siringa e la iniettò nel braccio. I miei pensieri furono confusi nel vedere quel comportamento e fui in dubbio, se pensare se fosse stata una semplice cura o un vaccino per l’influenza. Egli, mi rispose che purttroppo era affetto da un inizio di un tumore e se non si fosse iniettata quella soluzione il male sarebbe andato più veloce.  A tal detto, un’onda vertiginosa di silenzio tragico si avviluppò tra di noi e si sovrappose repentina tra il mio aspetto attonito e il suo sguardo plumbeo, che ampliò tremolii di compassione e di tenerezza nel mio cuore. Non mancarono, stimoli di irrigidimento e di dolore, che mi fecero sentire la gravità  di quel momento e del preludio della sua morte. Mi sentitii vulnerabile e una debolezza repentina affievolì il mio respiro, mentre cercavo a stento di mantenre la stabilità del mio corpo. Così con l’alternarsi di un pensiero e di un dubbio, come reciprocamente si fossero scontrati in un mutuo battito del suo cuore, scorsi delle lacrime nel suo volto, mentre i suoi occhi guardavano il cielo senza speranza.

Egli, interruppe: Signore, che l’aiuto, la salvezza, il miracolo, la guarigione, la vita, ti appartengono. Che ti nascondi tra le vie contorte della mia disperazione e tra i grovigli della mia angoscia, ascolta questo mio grido di dolore, di un cuore che cerca disperatamente la guarigione. Dov’è il tuo impeto quando riducevi a nulla ogni apparenza di male? Io so che sei grande e Santo e Dottore dei dottori, ma or io sono inerme, mentre il male lentamente mi invade. Guariscimi e liberarmi dalla ferocia di questo male e si allontanò salutandomi appena. Dopo tre mesi fu guarito con l’uso della chemio-terapia.