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ELENA RAPITA
Secondo il mito, le origini della guerra di Troia nacquero per la disputa sorta, del cosiddetto "pomo della discordia"; una mela d'oro con la scritta "Alla più bella" che fu lanciata da Eris, dea della discordia, fra i convitati al matrimonio del re dei mirmidoni, Peleo, con la ninfa Teti. Le tre dee Era, Atena e Afrodite affidarono a Paride, figlio del re di Troia, il compito di offrire il frutto alla più bella delle tre dee. Paride, per accattivarsi il favore di Afrodite, ed anche perché era veramente bella, decise di consegnarla a lei, assicurandosi così il suo favore per il un suo tentativo, già da tempo progettato, di rapire la bella Elena, moglie di Menelao, re di Sparta.
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Parte 1
· Nell’Olimpo
Ed ancor di tregua, Hera, parlar non volle,
mentre Zeus al sovvenir di Io[1],
vampar non poco gli facea la pelle.
A divagar dai dubbi ch’eran sorti,
a Teti, Zeus volse arbitrio,[2]
approssimando i giorni dei suoi voti.
Decise, che la ninfa si unisse con Peleo,
mentre il dio dell’altrui amar[3]
s’avrebbe consolato per la perduta Io.
Tre dee, invitate furono alle nozze,
nel qual tempo, alcune nereidi a circo
davan lode a Teti di Peleo, nelle piazze.
Eris, dea della discordia, folle d’ira,
fè tumulto lanciando una mela,[4]
rivolta alla dea di bellezza rara.
Se per la più bella il dono fu offerto,
Paride, nella scelta, favorì Afrodite,[5]
per rapir Elena senza alcun sospetto.
Menelao l’amava più della sua vita,
e sostava a lungo ad ammirarla,
senza mai perderla di vista.
Alla movenza dei suoi passi
ognuno, attonito restava,
tal da non porre gli occhi bassi.
Elena era bella, come la spuma del mare,
come il fiore più bello che sta a sbocciare
come l’uomo solo può sognare.
Ma in lei, la vanità, bussò nel cuore,
era il suo fascinoso aspetto, che esigeva,
di rievocare i suoi giorni di furore[6].
Dal ricordo di Teseo non cedea la data,[7]
e del falso detto a Castore e Polluce,
si sentiva ferita d’esser stata liberata.
Hermes, le apparve, messagger dei cieli
recandole la nova di fuggir con Paride,
uomo d’oriente, d’origine reali.
Elena, ora, invasa da un altro amor folle
accelerò il tempo della sua avventura,
mentre l’erano favorevole le stelle.
Menelao, appena la incontrò in giardino,
lei cedette alle di lui lusinghe,
mentre si esponeva, ad Hermes il divino.[8]
Hermes, vigile, per essere sincero,
a quello che a Zeus riportar dovea,
con passione, verificava che tutto fosse veritiero.
Menelao, Menelao! Lei diceva con ardore,
mentre col pensiero, perpetrava di fuggire
con il principe di Troia, il seduttore.
Poiché l’infatuato non pensava al regno,
gli Spartani eran preoccupati
per suo atteggiar senza impegno.
Menelao, conoscendo il suo destino,
non lasciava Elena andar lontano,
poiché se la perdeva, il soffrir l’era vicino.
Un dì, in Egitto incontrò Proteo
mentre il dio parlava con le foche
nell’acque dell’Egeo.
L’Atride s’era a lui avvicinato,
domandandogli del suo futuro,
e seppe che presto sarebbe stato desolato.[9]
Proteo, non voleva dargli profezia,
ma Menelao insistette, così tanto,
che alla fine fu pieno di mestizia.
Poi di Poseidone il figlio, per il duolo
s’immerse nelle acque con le foche,
mentre Menelao, deluso restò solo.
A Menfi, ad ovest del Nilo v’era un tempio.
D’Elena fu stimato d’essere, ma era d’Afrodite,
per cui gli Egizi, dicevan ch’era scempio.
E poiché d’Osiris usurpava il loco,[10]
gli Egizi, pensarono d’abbatterlo
e purificar la zona con il fuoco.
Ad Elena, un tempo, piacque frequentare Fero,[11]
Spesso si tuffavan nei meandri corallini
e tra i cavernosi luoghi di mistero.
Uscendo, andavano alla corte lì vicino,
ove Proteo disponeva ordini al suo governo,
mentre lei sorseggiava da una coppa, il suo vino.
Ma Elena sapeva della virtù del dio
e presto volle saper del proprio destino,
dopo avere lusingato il re,[12] detto il pio.
· Proteo predice a Elena
Proteo così le disse: “In te contrasto regna,
e nei flussi del tuo sangue smania
il desiderio ch’altri ne pregna.[13]
Elena, gli chiese che fosse più chiaro
a spiegarle le vicende del futuro,
e se il suo amor, fosse amaro.
Amaro replico, sarà per colui che cede[14]
all’agreste incontro che gli invadi il cuore,
quando gli contagi la virtude ch’altro non vede.
Poiché, nata sei da un guscio, il non capire
l’amor cosa procura, ignaro il tuo cuor
Il sentimento che ti muove, muove
l’uomo verso sventura e soccombe
cercando invano di resisterti, alle prove.
Io son saggio, perché so il futuro,
ma nelle tue brame sarei caduto,
per questo mi sottraggo e di te non mi curo.
Tu sei bella quanto più è rovina
e all’uomo che s’avvicina, gli poni
la stringa al cuore, c’altro non pena.
Non puoi fermare il tuo impeto,
perché esso si ristora nello struggere
l’infatuato cicisbeo, che t’ama senza veto.
Implora Zeus! Non per la tua beltà,
ma per l’amara angoscia che procuri altrui,
come se fossi una vivente calamità.
Ma dell’amor d’Elena, Proteo non era ignaro,
la conobbe quando lei aveva sedici anni,
poi lei tornò in Sparta ove stette col suo caro.[15]
[9] desolato: Menelao, l’Atride, nel mare vide di riflesso le immagini del suo futuro funesto e fu confuso[10] loco: il luogo dove era il tempio di Afrodite, e che gli Egizi protestarono di usurpazione e di sacrilegio, contro i Greci.
[11] Fero: è l’altro nome di Proteo per i greci, Fero per gli Egizi
[12]re : Faro, nella foce del Nilo vi era il Faro che era la corte di Proteo
[15] caro: Tindaro re di Sparta e padre di Elena